Il saggio proposto da Giacomo Gabellini costituisce uno strumento interessante per analizzare al meglio le attuali strategie che portano al multipolarismo globale. Ovviamente, come ogni cambiamento radicale, tale trasposizione comporta brusche “scosse d’assestamento” o più che altro genera violenti tentativi di resistenza dal preesistente sistema. Ed è questo l’oggetto d’analisi di Gabellini: l’autore palesa agli occhi del lettore i tentativi monopolistici del modello atlantista unipolare, che prova a resistere in tutti i modi all’evoluzione geoeconomica in atto.
Ecco allora che inizia la grande partita a scacchi del globo: da una parte gli Stati Uniti con i suoi alleati, che, prediligendo un approccio aggressivo, ripartiscono il pianeta in aree di influenza o potenzialmente tali ed in base a questa impongono le proprie condizioni a Stati ignari di rappresentare una semplice casella da occupare al posto dell’avversario.
Ed ecco per l’appunto gli avversari: dall’altra parte dello scacchiere compare il colosso cinese, in continua espansione economica e propenso a creare una “collana di perle” di rapporti bilaterali. La differenza tra Pechino e Washington si palesa proprio nell’approccio: la Cina dialoga con i suoi interlocutori e propone scambi commerciali simmetrici o vicini all’equilibrio tra le parti. Infrastrutture, aiuto logistico e agevolazioni economiche in cambio di risorse naturali, è questa la strategia del colosso asiatico. Ed è proprio questo che spiazza il modello della globalizzazione: l’equità.
Ma Gabellini, ed è questo che dà maggiore rilievo al suo saggio, identifica perfettamente il teatro di scontro tra i due colossi economici: l’Africa. Sì, proprio la terra dimenticata da tutti e che porta la mente a safari o, nella peggiore delle ipotesi, all’HIV e alla fame nel mondo, rappresenta il vero teatro della competizione. Ma come ogni teatro globale perde la propria indipendenza decisionale e si trova in balia degli eventi che prevedono anche effetti collaterali: destabilizzazione politica, colpi di stato, guerre etniche, religiose e tribali.
Al cospetto di tale teatro c’è la Russia che dimostra all’Europa la possibilità di una polarizzazione eurasiatica volta a ridare all’UE l’autonomia politica persa ed indubbi vantaggi economici mediante un più agevole approvvigionamento energetico.
L’autore, infine, ci porta ad osservare come, dalla Guerra Fredda alle attuali rivolte arabe, l’Occidente abbia sempre dato dimostrazioni di forza volte anche ad inibire eventuali nuovi attori internazionali; ma qualcosa è cambiato ed anche Russia e Cina iniziano a riorganizzare il proprio arsenale bellico portando Washington a ponderare attentamente ogni sua esternazione, soprattutto alla luce della bolla finanziaria che ha reso gli Stati Uniti meno immortali di quel che volevano far credere di essere.
L’autore, Giacomo Gabellini, è collaboratore di “Eurasia” e del giornale telematico “Stato & Potenza” ed è cartografo del CeSEM (Centro Studi Eurasia Mediterraneo); ha tenuto lezioni inerenti le cosiddette “primavere arabe” al master “Enrico Mattei” in Vicino e Medio Oriente.
*William Bavone, laureato in economia aziendale presso l’Università degli Studi del Sannio (Benevento), è Segretario Scientifico del CeSEM (Centro Studi Eurasia Mediterraneo).