Nella nostra America le forme e i diversi regimi di governo hanno avuto inizio con il vicereame colombiano, il quale si differenzia palesemente da quello indiano.
In questo modo Cristoforo Colombo, per via della sua smisurata brama, chiese e ottenne dai Re Cattolici, Isabella di Castiglia e Fernando d’Aragona, tre titoli: quello di ammiraglio, quello di governatore e quello di viceré a vita. Titoli concessi nelle capitolazioni di Granada il 17 e il 30 aprile 1492.
Siate il nostro ammiraglio, e viceré e governatore. E così i vostri figli e successori nella suddetta funzione e incarico potranno prendere il titolo e impiegarlo per assegnare la carica di don e ammiraglio e viceré e governatore.
Ma, in realtà, l’unica carica che esercitò fu quella di governatore, poiché quella di viceré fu solo onorifica. Il suo governo in America lasciò molto a desiderare e, nel 1499, fu rimpiazzato nel suo incarico da Bobadilla, che ebbe solo il titolo di governatore.
Il vicereame indiano appare soltanto nel 1535 con la creazione del Vicereame della Nuova Spagna in Messico.
La particolarità e l’originalità di questa istituzione non può essere equiparata a quella dei vecchi vicereami, tranne che nel termine. Infatti, anche se ci sono stati viceré spagnoli in Catalogna, a Valencia, a Mallorca, in Sardegna, a Napoli, in Sicilia, in Aragona e Castiglia (in queste due ultime quando i re viaggiavano ed erano costretti ad allontanarsi), nessuno di questi può essere equiparato al vicereame indiano, poiché “i vicereami spagnoli in Europa non riuscirono a stabilirsi in un modello determinato”[1]. La nostra istituzione vicereale si distinse per due caratteristiche singolari, tipiche ed originali: a) i viceré possiedono maggiore potere che gli europei e adottano delle misure senza dover interpellare prima la Corte, assimilandosi in questo modo agli stessi re che li nominano e li inviano; b) i sudditi indiani formano parte indissolubile della Corona – il viceré non sottomette né ignora la popolazione che si trova nei suoi domini – e sono equiparati agli abitanti di Spagna, mentre nei vicereami europei non si è verificata questa equiparazione.
A questa istituzione c’è da aggiungere per il Brasile il regime di quattordici capitanati designati dal re del Portogallo nel 1532, dei quali solo quello di Pernambuco ebbe successo. Nell’America spagnola i capitanati come quello di Cile, Guatemala, e Venezuela furono territori militarizzati e governati militarmente da un capitano generale, da lì il suo nome.
Elementi emergenti nel governo dell’America iberica
Una volta ritornato Colombo dal suo primo viaggio nel maggio del 1493, Isabella la Cattolica nominò Juan Rodríguez de Fonseca, membro del Consiglio di Castiglia, affinché si facesse carico di tutti gli affari commerciali nelle terre appena scoperte. Nel 1503, con la creazione della Casa de Cotratación[2], gli venne tolta l’ingerenza negli affari commerciali, ma rimase a capo dell’amministrazione degli affari americani fino al 1524, data della creazione del Regale e Supremo Consiglio delle Indie da parte di Carlo V di Germania e Carlo I di Spagna.
In quella circostanza si statuì che le Indie appartenevano alla corona di Castiglia, erano proprietà della Corona spagnola, la quale si trasformava in una monarchia patrimoniale assoluta, perché queste terre erano state scoperte ed esplorate per merito di Isabella di Castiglia, tanto che tutte le leggi delle Indie e il loro governo furono modellate su quelle di Castiglia.
L’influenza del Consiglio delle Indie si estese in tutti gli ambiti: giudiziario, finanziario, ecclesiastico, legislativo, commerciale, militare e della censura. Ebbe anche la funzione di Corte d’Appello per tutti gli affari. Con l’avvento dei Borboni, nel 1700, e, in particolare, di Carlo III (1759), si mette da parte la teoria degli Asburgo riguardo al rapporto della Corona e i suoi possedimenti americani e si cerca l’unificazione e il coordinamento della metropoli e delle colonie; viene istituito il centralismo borbonico, caratteristico delle monarchie assolute. L’America smise di dipendere dal re per dipendere dalla metropoli. E gli americani cessarono di essere vassalli, retti dal patto monarchico secondo il quale erano legati al re da obbligazioni reciproche, per trasformarsi in sudditi, i quali dovevano al re obbedienza incondizionata. Per via dell’influenza dell’Illuminismo francese sulla monarchia borbonica, cessammo di essere regni per diventare colonie. Questo balzo qualitativo provocherà, secondo il nostro parere di fronte a ciò che è considerato storicamente corretto, la reazione indipendentista. Il fatto è che l’ordine borbonico, illuminato e cosmopolita, fece della Nostra America una terra di saccheggio, non solo rimpiazzando le autorità creole locali con i funzionari della penisola, ma anche perché al momento di diventare sudditi e colonie il nostro compito era quello di approvvigionare la metropoli.
Ritorniamo ai secoli XVI e XVII, dove gli agenti politici, giudiziari e militari più significativi in America erano i viceré, i Tribunali e i capitani generali.
I viceré e i capitani esercitavano l’autorità suprema all’interno della loro giurisdizione, sia nei vicereami, sia nelle capitanate e nei rispettivi tribunali, questi ultimi incaricati dell’amministrazione della giustizia e, in alcuni casi, della funzione legislativa, i quali anch’essi dipendevano da queste. Le udienze si trovavano localizzate nelle principali città di ogni giurisdizione; ma, mentre in Spagna si presentavano come semplici tribunali, in America esercitavano la doppia funzione giudiziaria e politica amministrativa. E “la protezione degli interessi aborigeni era da sempre considerata una delle loro funzioni più importanti, tant’è vero che due giorni la settimana si celebravano i processi tra indios e tra questi e spagnoli”[3]
Il governo dell’America non si fondava, come gli Stati costituzionali moderni, sulla divisione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, ma tutti esercitavano gli stessi poteri. Inoltre, il tribunale ecclesiastico, gli uditori, la carica di ministro residente e l’ordinanza erano tutte figure politico-amministrative che facevano sì che il governo nelle Indie fosse, in realtà, un gioco di pesi e di contrappesi.
Da un punto di vista giurisdizionale il governo dell’America si divise in due grandi vicereami: quello di Nuova Spagna in Messico, America settentrionale e America centrale, e quello del Perù per quanto concerne l’America meridionale, da cui dipendevano i governatorati come quello di Buenos Aires. In seguito furono creati altri vicereami (circa nel 1776), quello del Río de la Plata per il Cono Sud dell’America e quello di Nuova Granada per il nord dell’America meridionale e parte dell’America centrale. Inoltre, vi furono capitanati come quello di Cile, Venezuela Quito o Guatemala. Per quanto concerne le giurisdizioni locali, queste erano governate secondo il caso da governatori o sindaci, i quali possedevano autorità politica e giudiziaria all’interno dei loro distretti. Con le riforme di Carlo III, i governatorati e i comuni presero il nome d’Intendenze, le quali si contraddistinguono per il centralismo borbonico di stampo francese. E in questo modo si commette l’errore di smontare l’impalcatura plurale del governo americano degli Asburgo. Afferma al riguardo lo studioso inglese Harring: “Nella Nuova Spagna c’erano all’incirca duecento tra governatori e sindaci maggiori e al loro posto si stabilirono dodici Intendenze[4]”.
In realtà, le Intendenze furono create per una più sistematica, precisa ed efficace riscossione delle rendite regali, poiché con l’altro sistema si diluivano nell’intelaiatura amministrativa dei duecento governatorati che erano difficili da controllare.
Le giurisdizioni locali hanno la figura dei Comuni, così familiare per noi sin dalla scuola elementare, ed erano denominate anche municipi o corporazione municipale. Si contraddistinguevano per essere, fondamentalmente, l’organismo deliberativo della comunità urbana e suburbana dove la componente creola era rappresentata. Le città indiane furono un trapianto dei vecchi municipi castigliani del Medioevo, tanto nel tracciato quanto nell’amministrazione. L’autorità municipale era rappresentata dai governatori o dai consiglieri e dai sindaci o dai magistrati, il numero dei consiglieri variava secondo l’importanza che rivestiva la città e quello dei sindaci era fissato ad uno per i villaggi e a due per gli abitati maggiori.
Dal momento che il Comune era l’unica istituzione che bastava a se stessa, senza essere un’appendice amministrativa della Spagna, e che si presentava come l’unica entità di governo che concedeva all’elemento creolo ampia partecipazione con la caduta del trono spagnolo, quando Giuseppe Bonaparte conquistò Madrid, i coloni americani trasformarono il Comune, e in particolar modo il Comune, aperto a tutti i cittadini, nel centro politico, trasformandolo nell’unica istituzione capace di mettersi in moto per la costituzione dei primi governi americani.
Per finire, possiamo affermare che il vicereame indiano, data la sua funzione e le sue caratteristiche, è una istituzione propria e specifica d’America, mentre l’istituzione del Comune è la cerniera o l’anello nel quale si contrappongono due regimi politici diametralmente diversi, come lo furono quello della monarchia spagnola nell’epoca coloniale e la repubblica dall’Indipendenza americana.
(traduzione dallo spagnolo di Vincenzo Paglione)
[1] Radaelli, Sigfrido, La institución virreinal en las Indias, Perrot, Buenos Aires, 1957, p. 53.
[2] Casa de contratación de las Indias, tribunale per le relazioni fra la Spagna e le colonie americane (N.d.T.)
[3] Haring, Clarence, El imperio hispánico en América, Buenos Aires, Ed. Solar Hachette, 1972, p. 138.
[4] Ibidem, p. 151. Bisogna aggiungere che il governatore intendente si eleggeva in Spagna, mentre i vecchi governatori e i sindaci erano in prevalenza americani.