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L’INDIA, LA RUSSIA E LA CRISI SIRIANA

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Bhadrakumar, Opinion-Maker, 8 agosto 2012

Se il voto russo contro la risoluzione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla Siria, la settimana scorsa, era prevedibile, l’astensione dell’India era fortuita. Questa ‘divergenza’ russo-indiana è dovuta al fatto che i due paesi, fino ad oggi, hanno perseguito interessi specifici. Per la Russia, la Siria è un alleato strategico, mentre l’India ha assunto una posizione pragmatica imbevuta dell’alchimia delle sue equazioni nei confronti dei protagonisti che puntano al ‘cambio di regime’ in Siria, Stati Uniti, Arabia Saudita e Qatar.
Tuttavia, questa è diventata una storia passata. Il dado è stato gettato, ed emerge che la Russia e l’India hanno una forte comunanza di interessi. E’ così che il comportamento dell’ultimo voto presso le Nazioni Unite, deve essere interpretato. Il cuore della questione è che alcune questioni importanti, di grande rilevanza per il sistema internazionale e le politiche regionali e globali, hanno registrato un’impennata al centro della scena, e l’India e la Russia hanno condiviso delle preoccupazioni sulla loro interazione.

 

La maledizione della Siria potrebbe anche esserla per l’India

Principalmente, ci sono cinque questioni chiave qui.

Uno, l’intervento concertato esterno per forzare un ‘cambio di regime’ in Siria, pianta un pugnale nel cuore del sistema westfaliano, che storicamente ha messo il primato sullo stato-nazione sovrano, grande o piccolo, come unità base dell’ordine internazionale. La violazione di un ordine costituito richiede una spiegazione accurata, ma tale spiegazione non è imminente. Questa violazione è contraria al diritto internazionale e nega l’idea stessa di un ordine mondiale democratico, cosa per cui la Russia e l’India stanno lavorando.

In secondo luogo, dove si deve tracciare la linea, supponendo che la primavera araba sia l’avvento della democrazia, delle riforme e del cambiamento in paesi con regimi autoritari? Più pertinentemente, chi traccia la linea? I due sostenitori irriducibili della democrazia e delle riforme in Siria, capita siano i regimi di Arabia Saudita e Qatar, che sono esse stesse oligarchie arcaiche. In sintesi, ciò che sta accadendo nella situazione siriana è l’intervento selettivo per ragioni geopolitiche, mimetizzate da ‘intervento umanitario’. L’ironia si infittisce quando si tiene presente che la situazione umanitaria viene precipitata in gran parte grazie all’istigazione estera alle violenze, per destabilizzare sistematicamente e impunemente le strutture statali, l’economia e la società siriane, nei mesi scorsi, violando i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite.

In terzo luogo, né gli interventisti, né i siriani “ribelli” che essi armano e lasciano liberi, ci hanno detto quanto si propongono di fare – lasciando stare se hanno la leva per darvi forma -, in seguito al ‘cambio di regime’ in Siria. Invece, quello che viene in mente è la storia catastrofica dell’Iraq attuale, dopo l’intervento tanto strombazzato degli Stati Uniti per il ‘cambio di regime’ in quel paese nel 2003, una tragedia epocale di morte e devastazione che graverà per generazioni di iracheni.

In quarto luogo, l’anarchia in Siria è destinata a traboccare. La regione del Golfo Persico (dove oltre 6 milioni di indiani vivono e lavorano) non ne resterà immune. Le potenze interventiste hanno fatto sapere che il loro prossimo obiettivo è l’Iran. La fiamma cova, avanzando fino alle immediate vicinanze dell’India. C’è un mix altamente infiammabile già disponibile in molti paesi del Golfo Persico e dell’Asia centrale. Infatti, a parte gli stati del GCC, gli stati del Caspio e dell’Asia centrale diventano troppo vulnerabili agli sconvolgimenti.
Infatti, sia la Russia che l’India diventano vulnerabili nel processo. Lo spettro che si aggira per i due paesi è l’ascesa dell’Islam politico e la minaccia che esso rappresenta per la sicurezza e la stabilità regionale.

L’Afghanistan è l’esito disastroso del tentativo dell’Occidente di imbrigliare le forze dell’estremismo religioso come strumento della sua politica nei confronti dell’ex Unione Sovietica. L’Occidente è ancora una volta connivente con i combattenti estremisti islamici in Siria. Ci sono gravi implicazioni per la sicurezza sia per la Russia che per l’India. Ciò che succede in Siria ha il potenziale d’incidere sull’ampia fascia del cosiddetto Grande Medio Oriente, che si estende dal Levante alle steppe dell’Asia centrale, una regione che costituisce il ‘vicinato esteso’ della Russia e dell’India.

Infine, c’è un problema esistenziale di cui nessuno vuole parlare a causa della sua estrema sensibilità, vale a dire, la frammentazione delle società plurali. Gli Stati Uniti hanno perseguito una politica deliberata per creare l’entità politica del Kurdistan, nel nord dell’Iraq, che oggi ne serve  mirabilmente gli interessi, come osservatorio per mettere a punto le strategie di cambiamento di regime in Siria. Temiamo una frammentazione imminente della Siria in uno stato sunnita, uno alawita, ed eventualmente, un’altra enclave curda. Il punto è che i confini territoriali dei paesi che sono di interesse fondamentale per le strategie regionali occidentali, vengono sciolti a causa dell”intervento umanitario’ esterno. Tutto ciò sa di strategia coloniale.

Il processo è iniziato nel 1990 con l’ex Jugoslavia. La frammentazione dell’Iraq è oggi molto avanzata. L’Afghanistan è appeso a un filo. Le società plurali come la Russia e l’India, non possono che esserne preoccupate.

 

Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://sitoaurora.altervista.org/home.htm
http://aurorasito.wordpress.com

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