Gli eventi immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale sono il punto di partenza per capire le tensioni sviluppatesi nella zona più meridionale del continente asiatico. La fine degli imperi coloniali e la volontà di emancipazione delle nazioni emergenti generarono una ridefinizione dei territori che tenesse conto di realtà culturali che precedentemente coesistevano sotto un unico dominio. Non certamente d’aiuto è stata l’arbitrarietà con cui queste divisioni sono state condotte dai precedenti dominanti, ed è questa una delle cause primarie delle tensioni che hanno insanguinato questi territori e che ancora oggi mostrano delle cicatrici difficilmente rimarginabili. Cicatrici che sono occasioni allettanti per chiunque voglia intromettersi nelle questioni interne e diplomatiche dei paesi del Sud Est asiatico, come se le classi dirigenti occidentali avessero nostalgia del passato statuto di colonie di queste giovani nazioni e ritenessero preferibile un controllo finalizzato ai propri interessi anziché una presa d’atto di una avvenuta maturazione.
Occorre quindi delineare una breve panoramica storica degli avvenimenti più clamorosi riguardanti il disgregamento dell’antico Raj britannico nonché le sue dirette conseguenze per poi passare al setaccio le problematiche legate al terrorismo, uno dei mezzi più usati usati per intervenire sulle scelte delle ex colonie britanniche e sulle possibilità di nuove prospettive geopolitiche che recentemente si sono rivelate realizzabili.
DOPO IL RAJ BRITANNICO
La suddivisione del Regno nei due Paesi del Pakistan e dell’India risale al 1947 ed era il punto di arrivo delle lotte per l’indipendenza condotte in India durante gli anni Venti e Trenta, ben note al pubblico occidentale per la grande personalità politica e spirituale di Mohandas Karamchand Gandhi. Assieme al Partito del Congresso Nazionale Indiano di cui il “Mahatma” era il membro più influente, si era distinto anche il Partito della Lega Musulmana, guidato da Mohammad Ali Jinnah, per la veemenza nella lotta politica. Precedentemente alleato con il CNI a causa del comune obiettivo indipendentista, dopo la promessa da parte del governo britannico di una risoluzione volta all’abbandono di ogni pretesa coloniale sulla regione, i rapporti tra il leader musulmano e Gandhi si incrinarono: mentre il secondo, ispirato dagli studi teosofici, sognava una sola nazione in cui potessero coesistere pacificamente più modelli religiosi, Ali Jinnah rivendicava la dignità di uno Stato francamente islamico. La risoluzione fu affidata a Lord Mountbatten, che accolse le richieste dei musulmani e spartì il territorio tra il Dominion del Pakistan e il Dominion dell’India.
Il piano Mountbatten comportava però molte approssimazioni e concessioni poco funzionali al mantenimento della pace: le zone di influenza del Pakistan erano state divise malamente in Pakistan Occidentale ed Orientale, separate fra di loro da un lungo territorio di competenza indiana; molti territori, come il Kashmir, non erano stati attribuiti ufficialmente a nessuno dei due nuovi soggetti sovrani; le spartizioni, nonostante la dichiarata volontà di attribuzione secondo criteri religiosi e culturali, comprendevano zone a maggioranza indù sotto il dominio pakistano e zone a maggioranza islamica sotto il dominio indiano.
Questo, unito all’ascesa della Cina e alle sue nuove pretese territoriali, infiammò la seconda metà del Novecento per i popoli abitanti i territori rivendicati. Andarono in archivio ben quattro guerre, a seguito delle quali la zona del Pakistan Orientale, con l’aiuto di Nuova Delhi, raggiunse l’indipendenza per trasformarsi nell’odierno Bangladesh, la regione kashmira fu dilaniata dagli scontri tra pakistani, indiani e cinesi e presero il via numerose migrazioni di massa di musulmani e indù, con conseguenze fortemente destabilizzanti per gli equilibri interni delle nazioni. Nel frattempo, mentre l’India si avviava verso la modernizzazione sotto il governo di Nehru, il Pakistan conobbe una serie di colpi di Stato militari intervallati da regimi democratici.
TERRORISMO E GUERRA AL TERRORISMO
Dopo la politica fieramente avversa agli Stati Uniti di Zulfiqar Ali Bhutto, che avviò il Pakistan alla tecnologia nucleare, il paese cadde nuovamente sotto una dittatura militare integralista, questa volta ad opera del generale Muhammad Zia-ul-Haq. Fu questo un periodo di forte collaborazione con le truppe antisovietiche in occasione del conflitto afghano, anche in virtù dell’amicizia instaurata da Zia-ul-Haq con Gulbuddin Hekmatyar, finanziato con almeno 600 milioni di dollari dalla CIA attraverso il Pakistan per condurre una pesante guerriglia di resistenza integralista contro i Sovietici (1).
La stessa esistenza di Al Qaeda trova motivo proprio nel contesto del conflitto tra il governo legale afghano, sostenuto dall’Unione Sovietica, e l’eversione mujahidin. Secondo l’ex ministro degli Esteri inglese Robert Cook, “Al-Qaeda” sarebbe la traduzione in arabo di “data-base”. Egli stesso affermò in una intervista a “The Guardian”: “Per quanto ne so io, Al-Qaeda era in origine il nome di un data-base del governo USA, con i nomi di migliaia di mujahidin arruolati dalla CIA per combattere i Sovietici in Afghanistan” (2). Anche Saad al-Fagih, il capo del Movement for Islamic Reform in Arabia Saudita conferma l’iniziale schieramento di Bin Laden in opposizione ai Sovietici (3). Se questo iniziale appoggio statunitense a quelle organizzazioni (che in parte sarebbero successivamente passate al terrorismo antioccidentale) spiega le ragioni strategiche dell’avvicinamento alle organizzazioni fondamentaliste islamiche, altrettanto cristalline diventano le motivazioni della lotta contro le stesse nel momento in cui queste non sono più risultate funzionali agli interessi geopolitici degli Stati Uniti.
In questa logica rientra anche la recente caduta in rovina del Pakistan agli occhi di Washington. Dopo la caduta del regime di Zia-ul-Haq e nel corso di quello di Pervez Musharraf, il governo del Pakistan è stato accusato – dopo operazioni terminate con successo come l’arresto del terzo ufficiale di grado più elevato di Al-Qaeda Khalid Shaykh Muhammad – di sostenere i Talebani (4). Non ha perso ovviamente occasione il ministero degli Esteri indiano per attribuire al Pakistan il “fallimento nello sconfiggere il terrorismo che ha origine nel suo territorio” in occasione degli attentati di Mumbai (5). Questa prevedibile intesa tra India e Stati Uniti nel rimprovero al Pakistan non dovrebbe comunque comportare un eventuale intervento occidentale nella zona del Kashmir, in cui le nazioni coinvolte si sono mostrate tradizionalmente gelose ed ostili verso interventi esterni, anche se volti al supporto della propria ragione geopolitica. Inutile inoltre ricordare il ritrovamento e la presunta esecuzione del terrorista Osama Bin Laden proprio in territorio pakistano.
Ma perché questo improvviso deterioramento dei rapporti tra Pakistan e Stati Uniti?
LE LINEE DEI GASDOTTI
L’ingresso del Pakistan tra i membri osservatori dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, avvenuto nel 2005, sarebbe già un motivo di preoccupazione per i Paesi della NATO. Ma quella che probabilmente è una delle cause principali della mobilitazione volta a screditare la Repubblica Islamica del Pakistan è la seducente proposta iraniana della costruzione di un gasdotto che collegherà le due nazioni, di cui Islamabad ha previsto la conclusione per il 2014. Il progetto iniziale avrebbe dovuto raggiungere anche la stessa India, ma le pressioni statunitensi hanno impedito la sua adesione.
Il progetto è ovviamente inviso a Washington, non solo per il rafforzamento dei rapporti tra i due Paesi islamici, ma anche perché la scelta del Pakistan cozza con i piani previsti per l’altro gasdotto (TAPI), quello che dovrà attraversare Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India, ovviamente ben controllato da investitori nordamericani.
Giocherà forse un ruolo cruciale la regione del Belucistan, abitata in maggioranza dall’etnia pashtun. Questi ultimi sono originari delle regioni dell’Afghanistan, e vengono tristemente ricordati oltre che per le violenze e le spinte indipendentistiche, anche per lo sviluppato commercio di oppio ed eroina che sta creando seri problemi al governo pakistano.
I giochi strategici sono tuttavia ancora poco definiti per pronunciarsi in maniera definitiva. Il Pakistan riceve tuttora finanziamenti statunitensi che arrivano dal Pentagono ufficialmente per continuare la lotta al terrorismo, ma forse anche per convincere Islamabad a declinare le offerte iraniane.
NOTE:
(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Gulbuddin_Hekmatyar#cite_note-15
(2) http://www.guardian.co.uk/uk/2005/jul/08/july7.development
(3) http://www.pbs.org/wgbh/pages/frontline/shows/binladen/interviews/al-fagih.html
(4) http://www.asiantribune.com/index.php?q=node/3231